Attualità

Riciclo delle plastiche contenenti additivi antifiamma

Il riciclo di materiali plastici contenenti additivi antifiamma può presentare elementi di criticità. Greenchemicals, azienda italiana che opera da anni in questo campo, ha messo a punto soluzioni in grado di prevenire le problematiche e di effettuare processi di recupero efficaci e sicuri.

Il riciclo dei materiali plastici è un tema molto attuale e sentito anche a causa della forte pressione dei media che propongono spesso immagini drammatiche che vanno inevitabilmente a colpire la sensibilità dell’opinione pubblica. Si pensi ad esempio alle isole galleggianti, grandi come nazioni, costituite da rifiuti per lo più di natura polimerica, che danneggiano gravemente gli oceani.

Se si aggiunge poi la pressione sull’ambiente, causata dalle microplastiche, imputabili della morte di molti organismi marini, il livello di responsabilità dei materiali plastici nei confronti della salute del nostro pianeta è davvero molto alto.

Questo problema non è di facile soluzione, perché le tipologie di plastiche sono tantissime e per essere riciclate devono subire un processo di separazione e rilavorazione, cercando di preservare il più possibile le caratteristiche meccaniche dei materiali così che possano essere nuovamente utilizzati nell’applicazione di provenienza, realizzando l’obiettivo di Circular Economy di cui tanto si parla.

Un altro problema, da non sottovalutare nei processi di riciclo, è la presenza degli additivi, necessari a conferire alle materie plastiche le caratteristiche adatte alle varie applicazioni. Tra questi, gli antifiamma, sono senza dubbio i più problematici, al punto che gli scarti plastici che li contengono devono essere smaltiti come rifiuti speciali.

La criticità deriva dal fatto che i ritardanti di fiamma sono sostanze con etichettature di pericolosità di varia natura e livello. In alcuni polimeri sottoposti al processo di smaltimento e recupero, infatti, possono essere ancora presenti degli additivi già banditi a causa del loro impatto ambientale. I pannelli in polistirolo, ad esempio, usati per l’isolamento edilizio, rientrano in questa categoria e contengono un antifiamma (HBCD) bandito nel 2015, così come le poliolefine prodotte prima del 2010, che possono contenere un Flame Retardant che sviluppa diossine (DECA83) e che rientra quindi nella lista RoHS.

Riciclo di plastiche contenenti antifiamma riutilizzabili

Greenchemicals è una realtà italiana che lavora da molti anni nella vendita tecnica e nella formulazione di ritardanti di fiamma. Per questo motivo investe ogni anno nella ricerca di soluzioni efficaci per riciclare con processi meccanici e in sicurezza:

  • plastiche che contengono antifiamma riutilizzabili;
  • plastiche che contengono antifiamma banditi;

Nel primo caso, ci troviamo di fronte a queste sostanze:

  • molecole organiche bromurate, che possono produrre bromo e radicali liberi durante il riciclo, con la conseguenza di formare acido bromidrico (deleterio per l’estrusore), ingiallimenti e formazione di striature marroni, nonché un aumento dell’MFI, talvolta con compromissione totale delle meccaniche;
  • triossido di antimonio, che può formare radicali liberi, critici per le meccaniche e il colore;
  • sostanze a base fosforo, che possono formare radicali liberi (meccaniche e colore), affioramenti;
  • melammine cianurate, che possono sviluppare acido cianidrico e radicali liberi dando gli stessi problemi delle sostanze bromurate.

Greenchemicals ha studiato pacchetti di additivi in grado di limitare, fino a eliminare del tutto, le problematiche causate da queste sostanze, durante il riciclo del materiale.

MB PO HT4 40 è un master di antiacido, in grado di eliminare l’acidità proveniente dall’acido bromidrico e cianurico o altro. Normalmente il dosaggio è dell’1%. MB P0 HT4 40 evita anche la formazione di striature marroni.

MB PO POX 20 è un masterbatch di potenti antiossidanti, studiato per bloccare i radicali liberi appena formati, in maniera che non abbiamo il tempo di riprodursi esponenzialmente. Viene impiegato normalmente tra l’1 e il 2%. MB PO POX 20 contribuisce a preservare MFI e colore, durante il riciclo, in maniera decisa.

MB PO 26P25 è un masterbatch di resistenti UV absorbers, unito ad antiossidanti; preserva il colore in maniera efficace e mantiene inalterato il MFI; dosaggio tra l’1 e il 2%.

Riciclo di plastiche contenenti antifiamma banditi

Nel secondo caso, cioè il riciclo di materiali plastici che, con ogni probabilità, contengono additivi banditi, è necessario dimostrare che alla fine del processo di recupero questi additivi sono stati distrutti, ovvero convertiti in sostanze non bandite.

In questo caso è opportuno procedere con un’analisi caso per caso, per capire qual è la struttura chimica della molecola da eliminare e scegliere il sistema migliore da usare.

Analizzeremo ora il caso del polistirolo contenente HBCD (esabromociclododecano). Questa molecola è stata dichiarata ad alto bioaccumulo ed è stata bandita dall’Unione Europea nel 2015. Con tutta probabilità, quindi, un manufatto in PS, soprattutto se espanso, prodotto prima del 2015, conterrà HBCD che è stato l’antifiamma di gran lunga più efficacie per il PS in applicazioni building e in-house.

Per eliminare qualsiasi dubbio ed evitare di dover smaltire il materiale con modaòlità eccessivamente costose, è sufficiente effettuare un’analisi IR che sveli o meno la presenza di questo antifiamma bandito.

Una volta appurato che ci si trova in presenza di HBCD, è possibile distruggere la molecola mentre si ricicla il materiale per estrusione, sfruttando i suoi punti deboli: la bassa resistenza termica e la presenza di legami C-Br. Aggiungendo uno specifico ossido metallico, a temperature > 240°C, il C-Br si rompe, decomponendo la molecola e formando un innocuo sale bromurato metallico con radicali liberi, che sappiamo ora come bloccare.

Greenchemicals propone un pacchetto di additivi che, utilizzato in estrusione ad almeno 240°C, garantisce la totale eliminazione dell’HBCD e il mantenimento del colore e delle caratteristiche meccaniche. Questo prodotto, anch’esso masterbatch, si chiama MB PS HBCD Chiller.

Un altro esempio è il trattamento degli scarti plastici contenenti decabromodifenilossido, quando è necessario convertire il riciclato in materiale RoHs compliant. In questo caso ci troviamo di fronte a una molecola più termoresistente (TgA del DECA83), ma sempre con la presenza di legame C-Br. Possiamo sfruttare lo stesso metodo e riciclare a T> 290°C, sempre in presenza di ossidi metalli specifici ed antiossidanti.

Questi sono solo due esempi applicativi, ma è possibile affrontare altre casistiche, affrontando chimicamente il problema.

In questi casi non dobbiamo dimenticarci che i processi di estrusione, all’interno dei quali, siamo abituati a considerare solo processi non reattivi, offrono condizioni di temperatura, pressione, miscelazione, talmente spinte, da permettere di far avvenire reazioni, che sarebbero difficili anche in un reattore.

Per questo motivo riteniamo che il riciclo dei materiali plastici possa essere affrontato in molti casi, direttamente in estrusione, prima di ipotizzare costosi e centralizzati processi chimici. Crediamo fortemente che impianti delocalizzati ed in continuo, ove possibile offrano le migliori soluzione per i problemi di riciclo dei materiali plastici.

a cura di di Micaela Lorenzi