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Campagna acquisti: alle multinazionali piacciono i compoundatori italiani

L’ultima è Rialti, acquisita alla fine di giugno dall’austro-emiratina Borealis. Un’operazione che segue a molte altre, che negli ultimi anni hanno coinvolto aziende italiane produttrici di compound termoplastici acquisite da multinazionali del settore. In ordine sparso: Mepol, acquisita da LyondellBasell; Poliblend da Ascend; Nevicolor da Nexeo.

Sono notizie che si prestano a molte letture. Da una parte smentiscono un luogo comune secondo cui in Italia non si può investire. Che le condizioni da noi non siano le più favorevoli per ragioni burocratiche e di contesto giuridico è sicuramente vero ma, almeno in questi casi, non si può dire che le società straniere non trovino conveniente investire in Italia, soprattutto in aziende strutturate, in crescita e di buona taglia. L’avere attività nel campo del riciclo dei materiali plastici completa l’elenco dei motivi di attrazione con un elemento non trascurabile, soprattutto in tempi di forte enfasi sull’economia circolare e sostenibilità.

Non mancano però i rischi per il sistema industriale italiano e cioè che, sotto il controllo dei grandi gruppi globali, queste realtà si trasformino da aziende a semplici insediamenti produttivi, con perdita di know-how e di capacità di innovazione, destinati a mettere in atto strategie decise altrove. Una volta entrate in un contesto industriale più grande e governato da logiche diverse, le medie aziende italiane possono perdere la loro “anima”, fatta di storia, di inventiva e di competitività commerciale.

La campagna acquisti potrebbe continuare e coinvolgere segmenti di mercato diversi dai compound termoplastici, favorita dal ricambio generazionale in atto in molte aziende. Sviluppi diversi, come l’ingresso di fondi di investimento, potrebbero rappresentare una soluzione intermedia, che mantenga la continuità manageriale, consolidando nel contempo le risorse finanziarie disponibili per lo sviluppo. Senza difendere un’italianità a tutti i costi, è fondamentale che il tessuto industriale del nostro paese non si impoverisca, ma anzi ritrovi sempre nuovo slancio e nuovi protagonisti.

a cura di Paolo Spinelli