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Il polimero smart che brilla sotto stress

Quando viene sottoposto a trazione il polimero “smart”, messo a punto da un team di ricercatori dello Okinawa Institute of Science and Technology (OIST), esprime una maggiore luminosità. Possibili applicazioni nella misura dell’efficienza dei materiali nell’industria e nelle costruzioni.

Gli scienziati dello Okinawa Institute of Science and Technology (OIST) hanno creato un polimero “smart” che aumenta la propria luminosità ogniqualvolta viene sottoposto a trazione. I ricercatori puntano a utilizzare il nuovo polimero per misurare le prestazioni dei polimeri sintetici e controllare lo stato di usura dei materiali impiegati nell’industria dell’impiantistica e delle costruzioni.

Gli scienziati hanno sviluppato il nuovo polimero incorporando complessi di rame (strutture formate collegando atomi di rame a molecole organiche) nel polibutilacrilato, un polimero ricavato da un composto chimico normalmente impiegato per sintetizzare vernici, adesivi e sigillanti acrilici.

I complessi di rame che tengono insieme le catene di polibutilacrilato brillano naturalmente se esposti alla luce ultravioletta grazie a una proprietà nota come fotoluminescenza. Ma quando il polimero viene sottoposto a trazione, i complessi di rame emettono luce ad una maggiore intensità, incrementando in tal modo la luminosità. I complessi di rame fungono quindi da meccanofori, ovverosia composti soggetti a cambiamenti quando vengono sottoposti a una sollecitazione meccanica.

La maggior parte dei meccanofori non sono composti da metalli come il rame, bensì da composti organici che cambiano colore o emettono luce quando una forza meccanica rompe un debole legame chimico. Tuttavia, i meccanofori basati sul meccanismo di rottura dei legami evidenziano significative limitazioni.

“Per spezzare un legame chimico è necessaria una forza relativamente elevata, per cui i normali meccanofori non sono sensibili alle sollecitazioni di piccola entità” ha affermato Ayumu Karimata, primo autore della ricerca e specialista post dottorato presso l’unità CCC (Coordination Chemistry and Catalysis) di OIST guidata dalla professoressa Julia Khusnutdinova. “Inoltre, il processo di rottura del legame è spesso irreversibile e quindi i sensori basati sui normali meccanofori possono essere utilizzati una volta sola”.

Invece, i nuovi meccanofori al rame sviluppati dall’unità CCC sono sensibili a sollecitazioni molto minori e possono rispondere in maniera rapida e reversibile. Nella ricerca, pubblicata nella rivista Chemical Communications, gli scienziati indicano che la luminosità del film di polimero aumenta o diminuisce nel momento in cui viene applicata o cessa di agire una forza di trazione.

I ricercatori si sono serviti di una videocamera a circuito chiuso per visualizzare i cambiamenti di luminosità nel corso dei cicli di trazione. Il colore rosso nei fotogrammi è utilizzato per rappresentare un’elevata luminosità e il blu una bassa luminosità.

Il meccanismo sotto la lente

I compound fotoluminescenti come questi complessi di rame sono da tempo al centro dell’attenzione del team CCC. Prima di creare il nuovo polimero, i ricercatori avevano sintetizzato complessi di rame isolati di varie dimensioni.

Essi hanno scoperto che i composti di rame presentano un elevato dinamismo, tanto che si deformano in continuazione, e che a mano a mano che aumentano di dimensioni perdono flessibilità e diventano più luminosi. Il team CCC crede che i complessi più grandi e meno flessibili emettano luce in maniera più efficiente perché il loro movimento è più limitato e quindi perdono meno energia sotto forma di calore.

A un certo punto i ricercatori si sono resi conto che potevano sfruttare il rapporto tra la flessibilità dei composti di rame e la fotoluminescenza per creare un polimero in grado di rivelare le sollecitazioni meccaniche.

“Una volta che i complessi di rame vengono incorporati nei polimeri formando un reticolo, quando si sottopone il polimero a una forza di trazione si riduce la flessibilità delle molecole, incrementando nel contempo la loro efficienza e intensità luminosa” spiega Ayumu Karimata.

Nonostante si sia ancora lontani dal trarre conclusioni definitive, Karimata spera che il polimero polibutilacrilato possa essere impiegato nella produzione di una vernice acrilica in grado di rivelare le sollecitazioni meccaniche, adatta a rivestire varie tipologie di strutture come ad esempio i ponti e i telai di auto e aerei.

“Come possiamo constatare anche dalla visualizzazione diretta del comportamento del polimero, la sollecitazione viene applicata al materiale in maniera non uniforme” sottolinea Karimata. “Una vernice capace di rivelare le sollecitazioni permetterebbe di individuare i punti di maggiore stress nel materiale e contribuire quindi ad evitare la rottura della struttura”.