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Riciclo chimico: la politica UE condiziona il settore dell’olio di pirolisi

Oltre all’accesso a una quantità sufficiente di rifiuti di alta qualità, l’ostacolo alla crescita del settore del riciclo chimico più comunemente citato è rappresentato dalla legislazione europea, soprattutto a causa del permanere delle incertezze riguardo l’introduzione del riciclo chimico nell’ambito degli obiettivi legislativi dell’UE, nonché dell’approccio dell’UE al bilancio di massa.

  • Una legislazione più chiara potrebbe sbloccare ulteriori investimenti nel settore.
  • La legislazione potrebbe incoraggiare una più ampia diffusione degli oli di pirolisi nel settore dei carburanti.
  • Vi sono preoccupazioni sul fatto che l’utilizzo degli oli di pirolisi nel settore dei carburanti possa suscitare nuove critiche da parte delle ONG.

Il riciclo chimico e la definizione di riciclo

La direttiva 2008/98/CE, che fornisce la base per la maggior parte delle definizioni in materia di riciclo presenti nella legislazione comunitaria, definisce il riciclo come una qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il ritrattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento.

Ciò ha generato incertezza sullo status giuridico del riciclo chimico, con particolare riguardo alla pirolisi, che è la forma dominante di riciclo chimico in Europa attraverso la quale i rifiuti plastici misti vengono generalmente convertiti in olio di pirolisi (un sostituto della nafta) prima di venire trasformati in materiali di riciclo.

A fine 2020 la Commissione Europea aveva dichiarato che nel 2021 avrebbe preso una decisione sullo status giuridico del riciclo chimico in base all’impatto del ciclo di vita “dalla culla alla tomba”. Purtroppo ad oggi questa decisione non si è ancora materializzata.

Malgrado ciò, la recente proposta di riformulazione della direttiva sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggi, che trasformerebbe la direttiva in regolamento, adotta una diversa definizione di riciclo che elimina le ambiguità della direttiva 2008/98/CE. Secondo la nuova formulazione, in sintesi, i rifiuti da imballaggi che non sono più tali a seguito di un processo di pretrattamento prima di una successiva trasformazione, potranno essere considerati materiali di riciclo a condizione che vengano trasformati in prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Per converso, i rifiuti destinati ad essere utilizzati come combustibili o altre fonti di energia, o a essere inceneriti, utilizzati in operazioni di riempimento o smaltiti in discarica, non saranno considerati materiali di riciclo.

Ciò sembrerebbe suggerire che l’olio di pirolisi può essere considerato ai fini del riciclo nel caso in cui venga successivamente utilizzato per produrre plastica.

La nuova formulazione, tuttavia, si applicherebbe solo al Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, una volta che sarà adottato.

Inoltre, la Commissione attualmente non riconosce il metodo del bilancio di massa.

Il bilancio di massa

Nel bilancio di massa, un volume certificato di materiale rinnovabile o di riciclo viene immesso in un ciclo di produzione senza dover essere necessariamente distribuito uniformemente su ciascun singolo prodotto.

Ad esempio, un impianto di produzione può utilizzare complessivamente il 30% di materiale di riciclo, ma un articolo da imballaggio prodotto potrebbe contenere il 100% di materiale di riciclo e il successivo articolo il 100% di materiale vergine, o una qualsiasi quantità intermedia tra questi due estremi.

Attraverso il metodo del bilancio di massa, gli operatori del mercato possono dichiarare di utilizzare una certa percentuale di materiale di riciclo o rinnovabile nei loro prodotti senza dover necessariamente dimostrare che ogni singolo prodotto contenga tale percentuale.

Dato che l’olio di pirolisi viene utilizzato come sostituto della nafta nei cracker, molti vedono nel bilancio di massa un fattore essenziale affinché il riciclo chimico possa rientrare negli obiettivi di riciclo dell’Europa, indipendentemente da qualsiasi decisione sullo status giuridico del riciclo chimico stesso.

A confondere ulteriormente le carte, nell’ambito del riciclo meccanico, il termine “approccio del bilancio di massa” si riferisce anche al sistema dei crediti per sostituire un materiale di riciclo in un’applicazione finale con un altro al fine di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità prefissati.

Ad esempio, se una tonnellata di materiale di riciclo viene utilizzata nel settore dei sacchetti della spazzatura, dove gli obiettivi di sostenibilità e normativi sono relativamente bassi, il produttore di sacchetti per la spazzatura può vendere il credito per la produzione di materiale di riciclo a un operatore del settore degli imballaggi alimentari che non è in grado di approvvigionarsi di materiale di riciclo adatto agli alimenti, in modo che quest’ultimo raggiunga il suo obiettivo.

I sostenitori di questo metodo sostengono che, a causa di limitazioni tecniche come la minore resistenza a trazione, e dei requisiti normativi imposti ai materiali per alimenti, il bilancio di massa rappresenta l’unico modo per raggiungere le percentuali richieste per i materiali riciclati meccanicamente destinati agli imballaggi per alimenti diversi dal polietilene tereftalato di riciclo (R-PET).

Dall’altra parte, i critici del bilancio di massa sostengono che questo metodo fa poco per incoraggiare il riciclo di alta qualità o la crescita del settore.

Impatto sugli investimenti nel riciclo chimico

La legislazione di alcuni paesi europei accetta in modo inequivocabile il riciclo chimico: la tassazione sugli imballaggi in plastica del Regno Unito e della Spagna, ad esempio, tratta allo stesso modo i materiali da riciclo chimico e quelli da riciclo meccanico in relazione ai criteri di esenzione.

Tuttavia, l’approccio normativo in Europa rimane segnato dall’incoerenza e dall’incertezza.

Sebbene gli investimenti nel riciclo chimico si mantengano su livelli elevati, alcuni investitori sono restii ad entrare in questo settore proprio a causa di tale incertezza.

Se il legislatore non si mostra favorevole al riciclo chimico, ciò non significa che il settore non si possa comunque espandere, dal momento che, sotto la spinta dei consumatori, gli obiettivi dei proprietari dei marchi sono attualmente ampiamente superiori agli obiettivi del legislatore e il riciclo chimico può andare a colmare questo divario. Ciò è particolarmente vero in quanto è improbabile che il consumatore medio faccia una distinzione significativa tra riciclo meccanico e riciclo chimico.

L’adozione del bilancio di massa, e l’accettazione inequivocabile del riciclo chimico ai fini degli obiettivi normativi, potrebbe quindi sbloccare l’afflusso di ulteriori investimenti e stimolare la crescita del settore.

Tuttavia, non è solo attraverso l’incertezza normativa che la legislazione sta plasmando la potenziale struttura futura del mercato.

La legislazione potrebbe incoraggiare l’uso dell’olio di pirolisi nel settore dei carburanti

Permangono preoccupazioni sul fatto che la quota di olio di pirolisi destinata al settore dei carburanti possa aumentare nei prossimi anni a scapito della quota destinata ai prodotti petrolchimici, come conseguenza della revisione del pacchetto legislativo “Fit for 55” effettuata all’inizio di quest’anno, che sembrerebbe consentire l’uso dell’olio di pirolisi per soddisfare gli obblighi in materia di combustibili rinnovabili, in particolare l’olio di pirolisi derivato da pneumatici.

Tra le misure introdotte, le nuove norme ReFuelEU includono i carburanti per aerei prodotti a partire da rifiuti di plastica nell’ambito della classificazione dei carburanti “verdi” destinati all’aviazione.

Ciononostante, alcuni operatori mettono in dubbio la fattibilità, alla luce dei requisiti previsti dalla legislazione per la riduzione delle emissioni del 70% rispetto ai combustibili fossili tradizionali.

Inoltre, la purezza dell’olio di pirolisi derivato dagli pneumatici (che è in genere il più basso dei tre gradi comunemente commercializzati oltre a essere quello con le variabilità più ampie) rimane una sfida per entrambi i settori, anche per via dell’elevato contenuto di zolfo particolarmente impegnativo per il settore dei carburanti.

Al di là del potenziale aumento della domanda in un mercato strutturalmente ristretto, con carenze sul fronte degli approvvigionamenti che già si traducono in margini significativi rispetto alla nafta vergine, i riciclatori chimici e i buyer petrolchimici temono che l’aumento dell’utilizzo degli oli di pirolisi da parte del settore dei carburanti possa rinfocolare l’opposizione al riciclo chimico da parte delle ONG.

Chiudendo il cerchio, la preoccupazione degli operatori è che ciò potrebbe tradursi in una pressione sulle autorità di regolamentazione rispetto al riciclo chimico, influenzando le decisioni sulla definizione di riciclo chimico nell’ambito degli obblighi relativi agli obiettivi di riciclo.

 

L’introduzione di tre nuovi indici spot dei prezzi dell’olio di pirolisi nel recentemente rinnovato servizio di rilevamento Mixed Plastic Waste Europe e Pyrolysis Oil Europe ha reso ICIS il primo servizio di informazioni di mercato che valuta i prodotti da riciclo chimico. Unitamente al preesistente servizio di rilevamento dei prezzi dei prodotti da riciclo meccanico, delle balle di rifiuti e dei materiali vergini, ICIS offre un quadro completo lungo l’intera catena del valore.

a cura di Mark Victory, Senior Editor settore Recycling presso ICIS