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Mbogeni Buthelezi, l’Africa nell’anima

Utilizzando scarti di plastica, Mbogeni Buthelezi crea le sue opere che descrivono la vita e l’atmosfera del Sudafrica. In questa intervista, l’artista, che espone i suoi lavori in gallerie e musei di tutto il mondo, spiega la sua tecnica e i messaggi che vuole comunicare.

Nelle sue opere c’è l’Africa. Con i suoi sorrisi, i suoi pianti, la sua povertà e la sua sorprendente ricchezza, in una rappresentazione immediata e vitale, senza retorica o autocompiacimento.
Mbogeni Buthelezi, artista sudafricano che usa scarti di plastica per i suoi lavori, dipinge in impasti di forme solide bruciati con una pistola termica e applicati su una spessa superficie di copertura in plastica; è in grado di lavorare in modo realistico e astratto, con una tecnica estremamente dettagliata.
L’oggetto della sua pittura comprende persone e aspetti della vita quotidiana del suo paese; fra le sue opere spicca per esempio una serie chiamata “infanzia” dove compie esperimenti con immagini figurative di bambini e di giochi di strada, esplorando le immagini stereotipate utilizzate nei libri di testo dei suoi anni di scuola.
Il suo lavoro è quasi biografico poiché alla sua serie dedicata all’infanzia seguono la serie “jazzing up”, la serie in “bianco e nero” e la serie “Inverno a Kliptown”. Si è quasi in grado di percepire le ore della vita quotidiana di questo artista, che sono evidenti nei suoi titoli, come “La chiesa in cui andava mia madre”, un’opera dedicata alla madre scomparsa, un paesaggio con un’atmosfera polverosa, la tipica struttura di una chiesa cittadina e due donne vestite di rosso e bianco. Buthelezi è capace di catturare, attraverso il processo di lavoro che usa, le atmosfere dei quartieri di Johannesburg in un modo che non è scontato.
In questa intervista, Mbogeni Buthelezi ci parla del suo modo di fare arte, della sua tecnica, del suo linguaggio e dei messaggi che vuole comunicare.

Lei è famoso come artista della plastica. Ha iniziato subito con la plastica o ha prima provato materiali più convenzionali? E perché ha scelto la plastica? Cosa le ha dato l’idea?
Tutto ha avuto inizio nel 1991, quando ancora studiavo arte presso l’African Institute of Art di Soweto. Ho iniziato a sperimentare con materiali tradizionali quali acquerelli, pitture a olio, tele, ecc. È stato solo in seguito, nel 2001, che, al mio secondo anno di studi, ho iniziato a sperimentare con la plastica.

Bambini, ragazzi ed aree urbane sono i tuoi soggetti preferiti. Perché? Qual è il messaggio che vuole trasmettere?
Amo lavorare con donne e bambini, due soggetti artistici che mi stanno molto a cuore. Credo si tratti di una scelta puramente personale, che cattura alcune mie esperienze di vita vissuta. Oltre a questo, amo semplicemente cogliere ciò che mi circonda e che influenza le mie esperienze quotidiane come artista: persone e ambienti.

Come viene recepita la sua arte in Sudafrica e all’estero?
All’inizio, il pubblico ha avuto bisogno di parecchio tempo per riconoscere e comprendere ciò che cercavo di ottenere con la mia arte, in particolare in Sudafrica, dove le persone mostravano una certa titubanza nei confronti delle mie opere. Ora però godo di grande sostegno a livello sia locale che internazionale. Il mio lavoro inizia a essere in qualche modo riconosciuto, grazie a mostre e workshop in tutto il mondo. Ho anche viaggiato parecchio, visitando America, Germania, Londra, Arabia Saudita, Caraibi.

Quali tecniche utilizza per trasformare i rifiuti di plastica in opere d’arte?
Ho battezzato la mia tecnica semplicemente “Plastic on Plastic Collage” (in italiano collage plastica su plastica). I soggetti raffigurati variano ampiamente, dai ritratti ai paesaggi a soggetti non figurativi, con i quali continuo a sperimentare.

Quali mostre ha in agenda per il futuro?
Ho diversi progetti in programma, ma al momento sono reduce da una mostra monografica presso la Melrose Gallery di Johannesburg, che ha riscosso grande successo, e sono attualmente impegnato in due mostre collettive, una a Città del Capo e una in Belgio. L’anno prossimo parteciperò a un Festival a Dubai, con un workshop, e in Arabia Saudita, su invito dell’Ambasciata sudafricana. In realtà sono stato in Arabia Saudita già a marzo di quest’anno, dove sono stato invitato a presentare un workshop presso il Kaust (Università King Abdullah per la Scienza e la Tecnologia).

 

 

Chi è

Nato a Kwazulu-Natal (Sudafrica) e cresciuto a Springs, Mbogeni Buthelezi, dopo aver completato gli studi al Funda Center, si è iscritto a un programma di formazione per insegnanti alla Johannesburg Art Festival Foundation, che ha completato nel 1998. Ha quindi partecipato allo Standard Bank Art Festival come artista ospite. Ha proseguito gli studi presso il Witwatersrand dove si laureato con un diploma avanzato in Belle Arti.
E’ stato invitato al Vermont Studio Center di New York e al Community College di Barbados come artista ospite, al Kunst: Raum Stylt-Quelle Rantum (Sylt Island) e a Wiesbaden, in Germania.
In Sud Africa ha tenuto mostre alla Seippel Gallery Johannesburg, alla Everard Read, alla Johannesburg Art Gallery e alla Spark Gallery; ha inoltre rappresentato il Sud Africa alla Biennale del Cairo nel 2007 e alla Seconda Biennale Internazionale di Arte Contemporanea di Praga, ed ha partecipato ad entrambe le Biennali di Johannesburg.
Tramite la Seippel Gallery di Colonia, Buthelezi ha tenuto mostre e workshop negli Stati Uniti (Museo d’Arte di Houston, Museo di Arte Africana di New York, Boston University di New York), nel Regno Unito (Royal State Theatre di Londra, The Drum di Birmingham) Canada, Australia (Conny Dietzschold Gallery di Sydney) ed in Europa (Seconda Biennale della National Gallery di Praga e Bellevue Saai di Wiesbaden). Tra il 2004 e il 2005 ha tenuto una mostra itinerante da solista accompagnata da un catalogo, a partire dal Museum Goch, Kunst: Raum Sylt-Quelle e dalla Seippel Gallery di Colonia.

Un'opera di Mbogeni Buthelezi

Un'opera di Mbogeni Buthelezi

Un'opera Mbogeni Buthelezi

Un'opera di Mbogeni Buthelezi