Al Georgia Institute of Technology lo studio di un team di ricercatori ha messo in luce le possibili applicazioni nella sicurezza e in campo biomedico per i circuiti in carbonio che scompaiono sul grafene.
Nella serie TV americana “Mission Impossible”, le istruzioni relative alla missione da compiere venivano fornite su un’audiocassetta che si autodistruggeva immediatamente dopo l’ascolto del messaggio. Se venisse realizzato un remake della serie, i produttori potrebbero chiedere al professor Andrei Fedorov, del Georgia Institute of Technology, di utilizzare i suoi “circuiti che scompaiono” per fornire agli agenti le istruzioni per le missioni.
Ricorrendo a una serie di atomi di carbonio depositati su del grafene mediante un fascio di elettroni concentrato, Fedorov e i suoi collaboratori hanno dimostrato una tecnologia che consente di creare strutture dinamiche su superfici di questo materiale. Queste strutture possono essere utilizzate per fabbricare circuiti elettronici riconfigurabili, che si evolvono nel giro di qualche ora, prima di scomparire definitivamente modificando lo stato elettronico del grafene. Quest’ultimo, infatti, è anch’esso costituito da atomi di carbonio, ma disposti in una configurazione estremamente ordinata.
Lo studio è stato patrocinato principalmente dall’Ufficio per la scienza del Dipartimento per l’energia statunitense, e ha visto la collaborazione di ricercatori provenienti dal laboratorio di ricerca dell’Aeronautica militare Usa (AFRL), con il supporto dell’Ufficio per la ricerca scientifica dell’Usaf. Oltre a consentire la fabbricazione di circuiti in grado di scomparire, questa tecnologia potrebbe essere impiegata per applicazioni che richiedono un rilascio di sostanze temporizzato, in cui la dissipazione delle strutture formate dal carbonio potrebbe controllare altri processi, come ad esempio il rilascio di biomolecole.
“D’ora in avanti, saremo in grado di creare circuiti elettronici che si evolvono nel tempo”, ha affermato Andrei Fedorov, docente presso l’Istituto di ingegneria meccanica George W. Woodruff del Georgia Tech. “Sarà possibile progettare un circuito che inizialmente opera in un determinato modo ma che, una volta che il carbonio si sarà diffuso sulla superficie di grafene, nel giro di una giornata, cesserà di essere un dispositivo elettronico. Di conseguenza, un dispositivo che oggi esegue un compito, l’indomani potrà eseguirne un altro completamente diverso”.
Via gli idrocarburi
Il progetto è nato con l’obiettivo di eliminare gli idrocarburi che contaminano la superficie del grafene. I ricercatori, tuttavia, hanno notato ben presto come fosse possibile sfruttare questa tecnologia per creare strutture, impiegando il carbonio amorfo, prodotto utilizzando la “scrittura” mediante fascio di elettroni, come drogante per caricare negativamente alcune sezioni del grafene.
Inizialmente, i ricercatori erano rimasti perplessi dalla scoperta che le nuove strutture create scomparivano con il passare del tempo. Ricorsero quindi a misurazioni elettroniche e a microscopi atomici, al fine di confermare che le strutture di carbonio si erano spostate sul grafene, andando a formare un rivestimento uniforme sull’intera superficie. La variazione si verifica generalmente nel giro di qualche decina di ore, e converte le aree caricate positivamente (drogaggio di tipo p) in superfici caratterizzate da una carica negativa uniforme (drogaggio di tipo n), generando una sezione intermedia p-n durante l’evoluzione.
“Le strutture elettroniche cambiano costantemente nel tempo”, spiega Fedorov. “Si ottiene in questo modo un dispositivo riconfigurabile, soprattutto perché, nel nostro caso, la deposizione del carbonio non viene eseguita utilizzando un film, bensì mediante un fascio di elettroni, che consente di concentrare il carbonio nelle aree in cui si desidera creare un campo caricato negativamente”.
Il grafene è costituito da atomi di carbonio strutturati in un fitto reticolo. Questa struttura unica conferisce a questo materiale le proprietà elettriche che l’hanno trasformato in oggetto di numerosi studi, come potenziale nuova materia prima per le applicazioni elettroniche avanzate.
Migrazione degli atomi
Il grafene, tuttavia, consiste pur sempre di atomi di carbonio, e quando le strutture vengono depositate sulla superficie sotto forma di atomi di carbonio ordinari, queste iniziano lentamente a migrare sull’intera area in grafene. La velocità con cui gli atomi si spostano può essere regolata variando la temperatura, oppure creando strutture in grado di direzionarne il movimento. Gli atomi di carbonio, inoltre, possono essere “congelati” in una struttura fissa, utilizzando un laser per convertirli in un’altra forma di carbonio, ovvero la grafite.
“Esistono molti modi per modulare lo stato dinamico: modificando la temperatura, che determina la velocità di diffusione del carbonio, direzionando il flusso di atomi, o variando lo stato del carbonio”, spiega Fedorov. “Il carbonio depositato dal fascio di elettroni concentrato (tecnologia Febid) presenta legami molto leggeri con il grafene, attraverso interazioni di van der Waals, e di conseguenza presenta un’elevata mobilità”.
Accanto alle potenziali applicazioni nel comparto della sicurezza, secondo Fedorov, questi circuiti in grado di scomparire offrono anche la possibilità di creare meccanismi di controllo semplificati, che potrebbero sfruttare la diffusione delle strutture per arrestare i processi a intervalli predefiniti. Questa tecnologia, infine, consentirebbe di temporizzare il rilascio di sostanze farmaceutiche o altri processi biomedici.
“È possibile scrivere informazioni, sotto forma di uno e zeri, utilizzando il fascio di elettroni, usare il dispositivo per trasferire le informazioni, e due ore dopo le informazioni saranno scomparse”, riassume Fedorov. “Invece di basarsi su algoritmi di controllo complessi, che devono essere eseguiti da un microprocessore, si può variare direttamente lo stato dinamico o il sistema elettronico, semplificando sensibilmente il programma. Potrebbero addirittura esistere determinati processi la cui attivazione potrebbe sfruttare questo tipo di comportamento, in cui lo stato elettronico varia continuamente nel tempo”.
Il primo passo
Fedorov e i suoi collaboratori hanno dimostrato, finora, soltanto la possibilità di creare semplici strutture costituite da zone di grafene caricate. Il passo successivo consisterà nello sfruttare le sezioni intermedie p-n per creare dispositivi in grado di funzionare per periodi di tempo specifici.
Lo stesso Fedorov ammette che la creazione di queste strutture dinamiche al carbonio potrebbero costituire una sfida per gli ingegneri elettrici, abituati ai dispositivi statici la cui funzione rimane la medesima, giorno dopo giorno. Egli ritiene tuttavia che qualcuno troverà senza dubbio un’applicazione per questi nuovi fenomeni.
“Abbiamo compiuto un progresso importante nella scoperta e nella comprensione di questa tecnologia”, ha affermato Fedorov. “Il prossimo passo consisterà nel proporre un’applicazione complessa ed esclusiva, impossibile da realizzare con un circuito convenzionale, che porti l’innovazione in una nuova entusiasmante dimensione”.
Songkil Kim, post-dottorando in forza al team di Fedorov, ha svolto il ruolo di primo ricercatore in questo progetto, assistito da M. Russell e M. Henry, laureandi presso il Georgia Tech. Tra gli altri collaboratori figurano inoltre S. S. Kim, R. R. Naik, e A. A. Voevodin, del Laboratorio di ricerca dell’Aeronautica militare statunitense, nonché S. S. Jang e V. V. Tsukruk, dell’Istituto di scienza e ingegneria dei materiali del Georgia Tech.
La ricerca è stata patrocinata dall’Ufficio per la scienza del Dipartimento per l’energia (DOE), nello specifico dal reparto di Scienze energetiche di base (BES), nell’ambito del premio DE-SC0010729, e dall’Ufficio per la ricerca scientifica dell’Aeronautica militare statunitense (AFOSR), nell’ambito del BIONIC Center Award FA9550-09-1-0162. Commenti e conclusioni appartengono agli autori dello studio e non riflettono necessariamente le opinioni ufficiali di DOE e AFOSR.
Riferimento bibliografico: S. Kim, et al., “Dynamic modulation of electronic properties of graphene by localized carbon doping using focused electron beam induced deposition,” (Nanoscale 7, 14946-14952, 2015).
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