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Grafene e materiali bidimensionali: flessibili, ultrasottili e performanti

Un focus sullo stato dell’arte dei materiali bidimensionali e sulle loro potenzialità e alcuni esempi dal mondo della ricerca che evidenziano l’interesse per questi materiali, tra cui il grafene. Potenzialità di questi materiali e del grafene nelle applicazioni optoelettroniche e fotovoltaiche in un’ottica di produzione scalabile e a costi sostenibili.

La ricerca per il settore della produzione sostenibile di energia e di calore non si ferma. Fotovoltaico e pannelli solari per la produzione di calore sono le applicazioni di cui sempre più c’è bisogno. Tanto ancora è da scoprire in termini di materiali e tecnologie di lavorazione per ottenere dei pannelli che raggiungano in futuro massimi livelli di efficienza. I materiali bidimensionali in particolare portano un forte contributo in questo ambito, grazie alle loro caratteristiche e alla possibilità di essere combinati con altri materiali. Tuttavia, trovano applicazione anche in settori diversi dalla grande produzione di energia e calore. Tanti sono infatti i settori industriali che ne fanno uso: elettronica, automobilistico, aerospaziale, navale.

Celle solari e nanomateriali bidimensionali

Ricercatori dell’Istituto per i processi chimico-fisici del CNR (Cnr-Ipcf) e dell’Istituto di struttura della materia del CNR (Cnr-Ism), in collaborazione con dipartimenti e centri di ricerca e innovazione tecnologica dell’Università di Roma Tor Vergata e di altre università italiane e straniere e con l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e la start-up BeDimensional Spa – che nasce come spin-off dei Graphene Labs dell’IIT di Genova specializzata nella produzione di cristalli bidimensionali a pochi strati atomici e nella creazione di soluzioni tecnologiche basate sui cristalli bidimensionali – hanno riassunto i recenti studi e lo stato dell’arte sulle applicazioni di nanomateriali bidimensionali avanzati nel fotovoltaico di nuova generazione.

Lo studio, che fornisce una panoramica generale e le potenzialità dei materiali bidimensionali per migliorare le prestazioni di celle solari di diversa tecnologia, è stato pubblicato sulla rivista Chemical Society Review (“Solution-processed two-dimensional materials for next-generation photovoltaics”, https://pubs.rsc.org/en/content/articlehtml/2021/cs/d1cs00106j).

La ricerca nasce in seguito allo sviluppo di nanomateriali bidimensionali da parte del gruppo di ricerca di Francesco Bonaccorso dell’Istituto Italiano di Tecnologia con Sebastiano Bellani (BeDimensional e IIT) e dall’esperienza nel fotovoltaico di nuova generazione dei ricercatori del Cnr-Ipcf Antonino Bartolotta e Giuseppe Calogero e di Aldo Di Carlo, direttore del Cnr-Ism e membro del Centre for Hybrid and Organic Solar Energy dell’Università di Roma Tor Vergata. In tale attività sono stati coinvolti l’esperta di perovskite bidimensionali Giulia Grancini (Università di Pavia), l’esperto di celle e moduli solari a perovskite Antonio Agresti (The Centre for Hybrid and Organic Solar Energy dell’Università di Tor Vergata) ed Emmanuel Kymakis (Hellenic Mediterranean University), leader del gruppo di lavoro su dispositivi di conversione energetica della Graphene Flagship (iniziativa della Commissione Europea a sostegno dello sviluppo della ricerca e del trasferimento tecnologico del grafene e di altri materiali bidimensionali).

La richiesta di energia è in continua crescita e una delle soluzioni chiave per soddisfarla è sviluppare un fotovoltaico più efficiente utilizzando materiali avanzati come il grafene e altri materiali bidimensionali (2D), tra cui le perovskiti, alcuni materiali flessibili organici e materiali nano strutturati. Lo studio inizia con il catalogare tutti i materiali bidimensionali che possono essere utilizzati per la costruzione di dispositivi fotovoltaici di nuova generazione; quindi delinea una panoramica delle tecnologie fotovoltaiche attualmente in fase di sviluppo quali celle solari a peroviskite, celle solari a colorante sensibilizzatore, celle solari organiche, celle solari a film sottile. Si delinea poi un piano strategico per la realizzazione di dispositivi fotovoltaici ad elevata efficienza, facendo così emergere le varie possibilità nello sviluppo di dispositivi fotovoltaici in grado di alimentare con elettricità pulita e rinnovabile sia gli edifici sia molti apparati elettronici e/o elettrici: dalle “finestre intelligenti” che producono energia elettrica ai pannelli solari flessibili per alimentare dispositivi portatili e ai pannelli solari bifacciali con i quali costruire centrali solari più efficienti.

Film ultrasottili e flessibili in materiale bidimensionale

Data l’ampia gamma di applicazioni in cui potrebbero essere utilizzate le celle solari, la ricerca punta allo sviluppo di materiali o loro combinazioni che possano ridurre ai minimi termini gli spessori e al contempo raggiungere un’efficienza energetica tale da consentirne un uso quasi “universale”, comparabile con quello del silicio che è oggi il più usato, dati i costi ridotti e il grado di efficienza energetica raggiunto (intorno al 30%). Si cerca quindi un semiconduttore che possa garantire prestazioni optoelettroniche e meccaniche elevate per poterlo utilizzare in film ultrasottili e flessibili. Dalla Stanford University arrivano i primi risultati di una ricerca dell’ingegnere Koosha Nassiri Nazif che, assieme ad altri ricercatori, sta lavorando su un gruppo di materiali fotovoltaici promettenti. Si tratta dei dicalcogenuri di metalli di transizione (detti TMD), una famiglia di materiali semiconduttori bidimensionali. Questi materiali assorbono livelli altissimi della luce solare che colpisce la loro superficie. Come nel caso, ad esempio, di un drone autonomo dotato di pannello solare che, posto sulla parte superiore dell’ala, ha uno spessore 15 volte inferiore ad un foglio di carta e che potrebbe raggiungere un’efficienza di conversione intorno al 27% mediante adeguata ottimizzazione ottica ed elettrica. Al momento i ricercatori hanno raggiunto con il loro prototipo il 5,1% di efficienza di conversione energetica, ma ritengono che modulando correttamente le caratteristiche elettriche e ottiche si possa raggiungere un livello simile a quello dei pannelli solari con silicio. Il materiale fotovoltaico messo a punto dalla Stanford University mostra, inoltre, un rapporto potenza-peso 100 volte maggiore di qualsiasi altro TMD finora sviluppato. Questo valore è importante per applicazioni mobili, come droni o veicoli elettrici. Il prototipo ha prodotto 4,4 watt per grammo, una cifra competitiva con altre celle solari a film sottile. Anche in questo caso i ricercatori pensano di poter raggiungere i 46 watt per grammo.

L’array solare messo a punto alla Stanford University ha uno spessore di poche centinaia di nanometri ed è composto dal materiale TMD fotovoltaico diseleniuro di tungsteno e contatti in oro attraversati da uno strato di grafene conduttore spesso solo 0,34 nm. Questa combinazione di materiali è sistemata secondo una struttura a sandwich tra un polimero flessibile ed estremamente sottile e un rivestimento antiriflesso che migliora l’assorbimento della luce. Quando completamente assemblate, le celle TMD hanno uno spessore inferiore ai 6 micron. Ci vorrebbero 15 strati per raggiungere lo spessore di un pezzo di carta.

Oltre a spessori assolutamente ridotti, flessibilità e peso minimo, altri vantaggi di questa famiglia di materiali sono la stabilità e l’affidabilità a lungo termine, l’assenza di sostanze chimiche tossiche e la biocompatibilità. Questa ultima caratteristica li rende adatti anche per applicazioni “indossabili” che richiedono il contatto diretto con la pelle o i tessuti umani.

La ricerca prosegue per raggiungere una buona efficienza e per migliorare la fase di lavorazione, poiché al momento è ancora complessa da adottare nella grande produzione. Si tratta infatti di trasferire lo strato di grafene sul substrato flessibile spesso solo pochi micron e di inglobare completamente il TMD in questo substrato che gli garantisce una maggiore durata, già verificata con successo.

Produzione scalabile di fogli di elettrodi in grafene

Il Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha invece trovato il modo per realizzare grandi fogli di elettrodi di grafene trasparente, sottili un atomo, chimicamente stabili all’aria aperta e di elevata qualità che permettono di ottenere celle solari flessibili e super leggere, oltre a nuovi dispositivi optoelettronici e a film sottile in cui si usava solitamente l’ossido di indio-stagno (ITO), un materiale basato su elementi chimici rari e costosi. Il grafene si contraddistingue per le ottime proprietà elettriche grazie alla simmetria esagonale del suo reticolo, in cui gli elettroni acquisiscono un’altissima mobilità. Significative sono anche le proprietà meccaniche e la flessibilità: un singolo foglio di grafene spesso quanto un solo atomo può essere manipolato e deformato, resistendo a pressioni anche elevate.

Il grafene viene cresciuto sotto forma di grandi fogli mediante deposizione chimica a vapore, su una lastra di rame utilizzata come strato base. La separazione dalla lastra causa però dei danni microscopici sul foglio e conseguentemente un degrado notevole della conduttività.

I ricercatori del MIT hanno sviluppato un procedimento, relativamente semplice anche da portare a livello di produzione industriale, che impiega uno strato intermedio denominato “tampone” (buffer), per rimuovere facilmente il foglio di grafene caratterizzato da uno spessore inferiore a un nanometro senza che ne rimanga danneggiato nella sua struttura atomica e nelle sue proprietà di conduttore. Questo procedimento consente così la produzione roll-to-roll.

La chiave di tutto è dunque lo strato tampone, costituito da parilene, un materiale polimerico che per struttura atomica si adatta bene ai fogli di grafene. Questo strato intermedio viene applicato dopo che il grafene è stato depositato. Come il grafene, anche il parilene viene prodotto attraverso la deposizione chimica a vapore, facilitando quindi il processo di produzione. Tra l’altro, questo polimero viene già utilizzato dall’industria microelettronica per incapsulare e proteggere i dispositivi.

I ricercatori hanno realizzato un prototipo di celle solari con un materiale polimerico a film sottile e uno strato di grafene prodotto secondo il nuovo procedimento per uno dei due elettrodi della cella, oltre a uno strato di parilene che funge da substrato. Si è ottenuta una trasmittanza ottica vicina al 90% per il foglio di grafene posto sotto la luce dello spettro visibile. A ciò si aggiunge che il rapporto peso potenza è circa 36 volte migliore di quello dei dispositivi basati sull’ossido di indio-stagno. Si utilizza inoltre 1/200 della quantità di materiale per unità di superficie per l’elettrodo trasparente.

a cura di Valeria Mazzucato