Urbanistica circolare: il contributo delle plastiche

Sia che si abiti in villaggi in campagna sia che si abiti in città o metropoli, la pressione verso una gestione e una economia circolare dei territori è sempre più forte. È l'unico modo per cercare di contenere i consumi di risorse e la produzione di rifiuti. Ovunque, anche nelle aree meno ricche, si può intervenire.

di Valeria Mazzucato

In questi tempi di grande attenzione alle questioni ambientali, dal cambiamento climatico all’inquinamento degli ambienti naturali e delle aree abitate, si trovano in giro per il mondo diverse iniziative che cercano di fermare o rallentare alcune di queste problematiche. I protagonisti di queste iniziative sono privati cittadini o aziende private o pubbliche amministrazioni o tutti i portatori di interesse insieme.

Due questioni ambientali in particolare interessano direttamente anche la filiera della plastica. In futuro, le città si prevede diverranno metropoli e le attuali metropoli accresceranno notevolmente il numero di abitanti. Questo fenomeno porta alla luce la problematica della massa di rifiuti che già si produce in quantitativi notevoli nei grandi centri abitati. Allo stesso modo chi rimane nei paesi e nelle campagne si trova comunque invaso dai propri rifiuti e spesso anche da quelli prodotti in altre aree più o meno vicine, se non addirittura in tutt’altra parte del mondo.

Queste due problematiche possono trovare una soluzione guardando all’economia circolare. Ovvero un’economia che punta sul continuo riuso di materiali e prodotti, anziché sul conferimento in discarica.

Amsterdam, un esempio europeo

Amsterdam è da qualche anno che sta puntando sull’economia circolare nella gestione di tutti gli aspetti di governo, dai consumi di energia e di risorse naturali finite, alla produzione e gestione dei rifiuti. Per quanto riguarda la filiera della plastica la municipalità di Amsterdam non ha tuttavia messo a punto un vero e proprio piano di interventi finalizzati all’economia circolare. Questo non perché sia considerato inutile o non interessante, ma solo perché la gestione di questa filiera dipende prima di tutto dalle leggi nazionali. Naturalmente la municipalità ha diritto e dovere, e li esercita, di gestire il flusso di rifiuti in plastica. Da questo punto di vista l’amministrazione comunale punta a una più efficace separazione dei rifiuti e ad un aumento dei punti di raccolta. A fine 2017 è stato anche avviato un nuovo impianto per una separazione post-raccolta più puntuale. È stato così possibile aumentare la percentuale di plastica destinata al riciclo, tuttavia è ancora presto per avere una visione più precisa dell’andamento di questa iniziativa.

Pur non potendo mettere a punto un piano completo di economia circolare in città anche per quanto riguarda le materie plastiche, come detto perché parte della gestione è legata a una regolamentazione nazionale, l’amministrazione comunale ben accoglie qualsiasi progetto che potrebbe dare un contributo in questo settore. Diverse sono quindi le iniziative che sono sorte. Due in particolare sono interessanti.

Stampa 3D per la città

Il progetto di ricerca “3D Printing in the Circular City” è stato ideato dallo studio di architettura The New Raw in collaborazione con l’azienda Aectual per la stampa 3D e la preparazione dei materiali e con AMS Institute (Amsterdam Institute for Advanced Metropolitan Solutions) con il suo programma Circular City e il supporto di TU Delft (Delft University of Technology) e della società AEB Amsterdam che gestisce l’impianto di raccolta, separazione e riciclo dei rifiuti di Amsterdam.

Il progetto è rivolto ai cittadini affinché si interessino della raccolta e del riciclo dei rifiuti di plastica legati al consumo domestico, riutilizzando i rifiuti per la progettazione di spazi urbani, a partire dalla stampa 3D. È così possibile ottenere arredi urbani di vario tipo quali panchine, aree giochi, le pensiline sulle banchine di sosta dei mezzi pubblici e i contenitori stessi per la raccolta dei rifiuti.

Il progetto ha già realizzato un primo prodotto derivato dai rifiuti plastici della raccolta municipale. La panca XXX è stata progettata con la plastica prodotta annualmente da due cittadini di Amsterdam (circa 50 kg di plastica). I cittadini di Amsterdam, infatti, producono una media di 23 kg/anno ciascuno di rifiuti plastici. La panca non solo è in plastica riciclata, ma è anche totalmente riciclabile, è personalizzabile in termini di forma, funzioni e loghi e può essere anche sottoposta a interventi di manutenzione modulari proprio grazie alla tecnologia di stampa 3D.

Questo è solo un esempio di quanto può essere realizzato con la stampa 3D e le plastiche riciclate. La realizzazione anche di un prodotto apparentemente tanto semplice ha richiesto comunque il controllo delle materie plastiche raccolte e l’analisi delle caratteristiche, la verifica in laboratorio  delle prestazioni meccaniche del materiale e la scelta finale della formulazione di materiale con la migliore combinazione di proprietà.

Canali ripuliti e plastica riciclata

La balena è l’animale che ha ispirato una società che si occupa della raccolta dei rifiuti plastici che finiscono nei canali di Amsterdam. Plastic Whale, questo il nome dell’azienda, si ispira infatti a questo animale perché tanto enorme e aggraziato quanto vulnerabile ai cambiamenti e ai danni ambientali. Questa azienda vuole mostrare ai cittadini che la plastica non è destinata a divenire rifiuto, ma invece è un materiale che si può recuperare e riutilizzare. Ad oggi Plastic Whale ha realizzato in collaborazione con cittadini o aziende prodotti quali piccole imbarcazioni e arredi per ufficio, tutti prodotti con materie plastiche recuperate dai rifiuti nei canali della città e con altri materiali di scarto di produzione delle aziende coinvolte nel progetto.

I fondatori di questa società e tutti i privati cittadini coinvolti nel progetto usano farsi chiamare pescatori della plastica. Tra la nascita del progetto nel 2011 e maggio 2018 sono state coinvolte 15.540 persone, che hanno pescato 146mila bottiglie di plastica e da queste sono state ricavate 9 imbarcazioni. Il PET ricavato dalle bottiglie è stato infatti lavorato per produrre lastre espanse utilizzate poi per le imbarcazioni.

Il passo successivo è stato di pensare cosa altro produrre con la plastica raccolta nei canali, in particolare con l’enorme massa di bottiglie recuperate a ogni giro. È nata così la collaborazione con lo studio di design Lama e con la società produttrice di arredi per ufficio Vepa. Nel febbraio 2018 è nata la nuova linea di arredi Plastic Whale Circular Furniture, in cui vengono rispettati per ogni singola parte dell’arredo i principi di una progettazione e produzione circolare.

Oltre alla plastica derivata dalla raccolta nei canali di Amsterdam, sono stati pertanto utilizzati materiali derivati dagli scarti di produzione di Vepa e da altri flussi di rifiuti, inclusi l’acciaio riciclato per le gambe del modello di sedia prodotto e i residui in tessuto per l’imbottitura della seduta. Alla fine del ciclo di vita di questi arredi per ufficio, il prodotto viene ritirato da Vepa. Una parte viene disassemblata per riutilizzo delle componenti e la restante parte viene riutilizzata come materia prima.

Sono quattro le tipologie di prodotto finora realizzate: un tavolo per riunioni, una sedia, delle luci e un pannello acustico. Per la realizzazione del tavolo i designer si sono ispirati alla schiena della balena, dalle forme aggraziate e con il suo sfiatatoio. La finitura superiore del piano del tavolo è in feltro di PET riciclato, ha uno spessore di 4 mm, ed è stata scaldata e pressata per conferirle il piacevole effetto sia visivo sia tattile. Gli strati intermedi includono uno strato di 30 mm di spessore in schiuma di PET riciclato. Per questo tavolo da riunione con dimensioni di 4 metri di lunghezza e 1,4 metri di larghezza, sono state riutilizzate 672 bottiglie in PET per la parte di espanso e 332 bottiglie per il feltro.

La sedia richiama la forma della pinna caudale della balena e il PET riciclato da bottiglie è stato utilizzato per il feltro pressato dello schienale, mentre l’imbottitura del cuscino è fatto con residui di tessuto derivati dalla produzione Vepa e il tessuto di copertura del cuscino deriva da tessuto di produzione Camira Rivet, ottenuto da bottiglie in plastica riciclate. La quantità di PET riciclato per il feltro e derivato dalla raccolta nei canali di Amsterdam equivale a 67 bottiglie.

Per le lampade i designer si sono invece ispirati ai crostacei che si attaccano sulla schiena delle balene. Queste luci sono realizzate in feltro in PET riciclato pressato, dello spessore di 4 mm. Le lampade possono essere usate singolarmente o combinate in modo personalizzato. Per la dimensione più piccola di questa luce sono state utilizzate 8,3 bottiglie, mentre per la dimensione media si sono usate 16, 6 bottiglie in PET.

Il pannello acustico richiama invece le creste cutanee della balena ed è stato prodotto, a parte la cornice in metallo, con feltro di 4 mm di spessore in PET riciclato pressato, derivato da 32,8 bottiglie.

Guatemala, scuole e rifiuti

Ci sono Paesi che soffrono maggiormente dalla produzione di rifiuti, perché senza una politica adeguata o perché non hanno sufficienti risorse economiche. È il caso ad esempio del Guatemala. In questo Paese mancano risorse, anche economiche. Il risultato è che in tanti villaggi non ci sono scuole o sono realizzate dentro edifici quasi improvvisati. Un’altra problematica che questi villaggi devono affrontare è la gestione dei propri rifiuti e di quelli eventuali provenienti da altre aree, portati da corsi d’acqua e dal mare.

L’associazione no-profit Hug it Forward ha trovato il modo di risolvere parzialmente entrambe queste problematiche con un unico intervento. Coinvolgendo anche le comunità locali e le amministrazioni locali è possibile infatti costruire scuole a un solo piano per una o due o tre classi, utilizzando come riempitivo di alcune parti delle pareti le bottiglie in plastica. Queste vengono a loro volta riempite pressando al loro interno un notevole quantitativo di altri rifiuti (borse di plastica, pellicole di alluminio ecc.), anziché i mattoni in cemento solitamente utilizzati in queste aree.

Primo passo è dunque recuperare le bottiglie e i rifiuti che andranno messi al loro interno. Il tutto viene poi lavato e lasciato asciugare. Una volta poi pressato il materiale all’interno delle bottiglie, queste non devono rompersi o piegarsi quando sottoposte a sollecitazioni meccaniche e la prova viene fatta montando sopra alla bottiglie. Pressare al massimo i materiali all’interno della bottiglia “mattone” non solo garantisce robustezza alla parete, ma assicura anche che non si creino sacche d’aria in cui potrebbero formarsi batteri. Una volta che le bottiglie sono pronte, si fanno costruire le fondamenta e la struttura portante dell’edificio con i tradizionali materiali (cemento, ferro ecc.). Nelle parti di parete che rimangono vuote tra colonne e assi portanti vengono a quel punto installati e fissati tra reti metalliche gli eco-bricks, ovvero gli eco-mattoni come sono chiamate le bottiglie pronte per questo uso. Si è calcolato che in una bottiglia da 600 ml si riescono a pressare, ad esempio, circa 80 sacchetti di plastica, mentre per una classe si utilizzano circa 3.500 bottiglie da 600ml, per due classi circa 6.500 e per tre classi circa 10.500 bottiglie, con un recupero totale in questo ultimo caso di circa 1,25 tonnellate di rifiuti.

Il tutto viene poi ricoperto su entrambi i lati con tre strati di cemento mescolato a sabbia, si stucca e infine si applica la finitura colorata desiderata. Durante le fasi finali viene fissato anche il tetto, in queste aree solitamente realizzato in lamiera, e il pavimento. Questa tipologia di edifici è risultata resistente anche ai terremoti.

Il costo medio in Guatemala per la costruzione di una scuola di questa tipologia con due classi è di 12-15mila dollari americani, costo che può variare a seconda di quanta mano d’opera esperta è necessaria per la realizzazione delle fondamenta, della struttura portante, del tetto e del pavimento e per l’installazione di porte e finestre e per copertura delle parti riempite con gli eco-bricks. L’installazione degli eco-mattoni può infatti essere fatta anche dalla comunità coinvolta nel progetto che avrà già preparato tutti i mattoni.

I tempi sono stati calcolati in circa 3-4 mesi per una scuola con tre classi. Ma è da aggiungere al calcolo il tempo necessario al coinvolgimento di tutti i portatori di interesse e alla preparazione della giusta quantità di eco-mattoni.

In questi otto anni, da quando è stata avviata questa iniziativa in Guatemala, sono stati portati a termine 120 progetti, con in totale 293 aule.

 

 

Il progetto “3D Printing in the Circular City” dello studio di archiettura The New Raw permette di stampare in 3D arredi urbani prodotti con le materie plastiche derivate da raccolta dei rifiuti in Amsterdam

La società Plastic Whale recupera i rifiuti plastici dai canali di Amsterdam e con il PET riciclato realizza piccole imbarcazioni per la sua flotta, mentre con Vepa è stata prodotta la linea di arredi per ufficio Plastic Whale Circular Furniture

L'associazione no-profit Hug it Forward coinvolge comunità e amministrazioni locali in Guatemala, per costruire scuole utilizzando come mattone riempitivo delle pareti le bottiglie in plastica riempite a loro volta pressando al loro interno altri rifiuti inorganici

Una fase della costruzione di una scuola in Guatemala con gli eco-bricks

Una scuola in Guatemala realizzata con gli eco-mattoni come riempitivo

Scuola in Guatemala costruita anche con eco-mattoni. In una bottiglia da 600 ml si riescono a pressare circa 80 sacchetti di plastica; per una classe si utilizzano circa 3.500 bottiglie da 600ml e per tre classi circa 10.500 bottiglie