Si è chiusa ieri la 14esima edizione degli Stati Generali della Green Economy. L’evento, che si è svolto a Rimini durante la fiera Ecomondo e che ha visto la partecipazione di più di 2500 mila persone tra presenze fisiche e collegamenti online, ha offerto due giorni di dibattiti con relatrici e relatori provenienti dai 5 continenti.
L’ampia partecipazione ha confermato l’interesse del mondo delle imprese sugli approfondimenti relativi alla transizione ecologica in tempi di crisi e conflitti. Per la prima volta, l’edizione ha incluso una sessione interamente in inglese per analizzare gli scenari globali con focus su Europa, Stati Uniti e Cina. Il dibattito ha messo in luce i rischi di una “retromarcia ambientale”, alimentata dalle politiche statunitensi e dalla resistenza di alcuni governi europei nell’attuare pienamente la transizione verde.
Il presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi, ha concluso la due giorni lanciando un chiaro segnale d’allarme verso l’Unione Europea.
“Purtroppo a chiusura di questa due giorni ci arriva un brutto segnale dall’Europa”, ha dichiarato Ronchi. La critica è rivolta al Consiglio Ambiente: se da un lato ha formalmente confermato il target del 90% di riduzione dei gas serra entro il 2040, dall’altro ha mandato un “messaggio negativo”.
Il punto dolente è la cosiddetta “doppia flessibilità che riduce l’impegno climatico”. Questa flessibilità permette di:
- Contabilizzare nel bilancio delle emissioni fino al 5% degli acquisti per i crediti di carbonio extra Ue.
- Prevedere fino a un 5% di riduzione degli impegni nazionali sul clima (Ndc).
Secondo Ronchi, questa frenata aumenta il prezzo da pagare: “Il clima non aspetta: come il debito pubblico accade che accumuli, accumuli e poi devi ripagare con gli interessi, questa frenata europea aumenta il prezzo da pagare”.

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