
Secondo l’ultimo rapporto del nova-Institut, il mercato globale dei polimeri biobased è destinato a raddoppiare entro il 2029, con un tasso di crescita medio annuo (CAGR) del 13%. A guidare lo sviluppo sono soprattutto Asia e Nord America, grazie a nuovi investimenti in capacità produttiva su larga scala. L’Europa, invece, rischia di vedere la propria quota di mercato scendere dal 13% al 10%.
Nel 2024, la produzione globale di polimeri a base biologica ha raggiunto 4,2 milioni di tonnellate, pari a circa l’1% del volume totale dei polimeri fossili. Entro il 2029, si prevede che questa quota salirà al 2%, confermando una crescita molto più rapida rispetto ai polimeri convenzionali (CAGR 2-3%).
I polimeri biobased più diffusi: epossidiche, CA e PUR
Nel 2024, l’acetato di cellulosa (CA) con contenuto biobased al 50% e le resine epossidiche (45% biobased) hanno rappresentato rispettivamente il 26% e il 32% della produzione globale di biopolimeri. Seguono:
- Poliuretani (PUR): 9%
- Acido polilattico (PLA): 8%
- Poliammidi (PA): 7%
- Politrimetilene tereftalato (PTT): 6%
Altri polimeri come PBAT, PET, PE, PHA e APC hanno rappresentato quote inferiori al 5%, mentre prodotti emergenti come PEF, PP biobased e polimeri di caseina hanno ancora una quota marginale, ma con previsioni di crescita superiori al 60% annuo entro il 2029.
Capacità produttiva: forte espansione in Asia e Nord America
Il rapporto evidenzia come l’aumento della capacità tra 2023 e 2024 sia stato trainato soprattutto dal PLA e dalle resine epossidiche in Asia, nonché dall’espansione globale di PUR. Asia e Nord America aumenteranno la propria quota sul mercato mondiale rispettivamente del 4% e del 5%, superando insieme l’80% della produzione globale entro il 2029.
Materia prima biobased: impatto trascurabile sull’uso del suolo
Un aspetto rilevante riguarda la sostenibilità dell’approvvigionamento: la biomassa necessaria per produrre polimeri biobased rappresenta solo lo 0,023% della domanda globale di biomassa, con un utilizzo del suolo pari allo 0,013%. Le principali materie prime includono:
- Glicerolo (31%) – sottoprodotto del biodiesel
- Zuccheri (25%) – da canna da zucchero
- Amido (20%) – da mais
- Oli vegetali non edibili (12%)
- Cellulosa (9%)
Solo una parte minoritaria proviene da colture alimentari, e spesso si utilizzano anche sottoprodotti destinati ad altri settori come l’alimentazione animale.
Sfide e opportunità: transizione al carbonio rinnovabile
Per affrontare le sfide legate alla sostenibilità, molte aziende stanno integrando nei propri portafogli il carbonio rinnovabile, derivato da biomassa, CO₂ e riciclo, come alternativa al carbonio fossile. Questo approccio è considerato fondamentale per rendere più sostenibile la filiera chimica e dei materiali plastici.
Tuttavia, l’Europa rimane frenata da un quadro normativo frammentato, che non supporta in modo efficace la transizione verso i materiali biobased, a differenza di quanto avviene in altre regioni.
Principali mercati di applicazione dei polimeri biobased
Nel 2024, i principali settori di utilizzo dei polimeri biobased sono stati:
- Fibre tessili e non tessili: 27%
- Packaging (flessibile e rigido): 23%
- Applicazioni funzionali (resine epossidiche, PUR): 16%
- Beni di consumo: 10%
- Automotive e trasporti: 9%
- Edilizia: 5%
- Elettronica: 4%
- Agricoltura e altri usi: 6%
Il mercato dei polimeri biobased si trova in una fase di forte espansione e rappresenta una leva strategica per la decarbonizzazione dell’industria plastica. Con una capacità produttiva destinata a superare i 9 milioni di tonnellate entro il 2029, si prevede una trasformazione significativa, soprattutto grazie ai crescenti investimenti in Asia e Nord America. Tuttavia, per cogliere pienamente queste opportunità anche in Europa sarà necessario un quadro politico più coerente e proattivo.
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