
Nel mondo della stampa 3D, la qualità superficiale rappresenta ancora una sfida: strati visibili, microporosità, scarsa resistenza meccanica. Il vapour smoothing ha migliorato l’aspetto estetico dei pezzi rispetto alla levigatura manuale, ma resta un trattamento limitato alla superficie.
Oggi una nuova frontiera si profila all’orizzonte: il deep molecular modeling, una tecnologia sviluppata da 3dnextech che interviene in profondità, a livello microstrutturale, ricristallizzando la “pelle” del polimero.
A differenza dei metodi convenzionali — che si limitano a condensare solventi sulla superficie — il deep molecular modeling utilizza vapori a temperatura controllata per penetrare tra le catene polimeriche. Il risultato? Una finitura omogenea (Ra ≤ 0,5 µm), anche su geometrie interne complesse, e un miglioramento strutturale tangibile: +15-20% di tenacità, +120% di resistenza all’impatto, assorbimento di liquidi <0,5%.
Il processo è ripetibile, scalabile e compatibile con ambienti produttivi lights-off: non richiede la manipolazione di liquidi tossici, non rilascia sostanze in atmosfera ed è basato su solventi non alogenati e riutilizzabili. Attualmente è validato su materiali come ABS, ASA, PETG e acetato di cellulosa, con una roadmap che include TPU e poliammidi.
Quando scegliere questa tecnologia? Sempre più spesso. Rispetto al vapour smoothing, offre vantaggi strutturali, ambientali e produttivi nei settori in cui robustezza, controllo dimensionale e integrazione industriale sono fondamentali.
Il messaggio è chiaro: la post-produzione additiva non è più una semplice rifinitura estetica, ma uno strumento strategico per traghettare la stampa 3D verso la produzione in serie di componenti funzionali.
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