Le regole operative dell’Energy Release 2.0 sono un passo avanti, ma non bastano. L’industria italiana, e in particolare la trasformazione delle materie plastiche, continua a pagare un conto energetico più salato dei concorrenti europei, mentre le politiche nazionali degli altri Paesi accelerano in direzioni divergenti, alterando gli equilibri del mercato unico.
È il quadro tracciato da Unionplast, che lancia un avvertimento sulla perdita di competitività della manifattura nazionale.
Centonze: “Competizione distorta, l’Europa si muove in ordine sparso”
“La competizione interna in Europa rischia di diventare distorta e incoerente. Se alcuni Stati hanno margini di bilancio per sostenere energia, riciclo e investimenti industriali, mentre altri sono vincolati da rigidità molto maggiori, il principio stesso del mercato unico viene meno”. Lo afferma Massimo Centonze, presidente di Unionplast (nella foto).
Il riferimento è anche all’esperienza italiana: “Misure introdotte per calmierare il costo dell’energia, che non rientrano negli aiuti di Stato, hanno subito rallentamenti e verifiche prolungate. Al contrario, interventi ben più incisivi adottati in altri Paesi sono stati autorizzati senza ostacoli”.
Germania, Francia e Regno Unito: tre modelli aggressivi
Unionplast cita tre casi emblematici di concorrenza “asimmetrica”.
- Germania: dal 2026 scatta un prezzo calmierato dell’elettricità a 50 €/MWh per tre anni, un intervento di impatto straordinario che rafforzerà chimica, automotive e materiali.
- Francia: Parigi sta costruendo un sistema stabile di incentivi al riciclo, integrato nella strategia di sovranità industriale e circolare, con sostegni continui a impianti di recupero e rigenerazione, incluse le plastiche.
- Regno Unito: Londra amplia gli aiuti agli energivori, con compensazioni degli oneri di rete fino al 90%, esenzioni dai prelievi sulle rinnovabili e un canale accelerato per connettere i grandi progetti entro il 2025.
Tre esempi che, secondo l’associazione, stanno ridisegnando la geografia della competitività europea.
Italia, il nodo delle risorse: stop da 3 miliardi a Industria 5.0
In Italia, la partenza di Industria 5.0 rischia di essere compromessa da un problema ben più immediato: la mancanza di risorse effettivamente disponibili.
Lo storno improvviso di fondi dal capitolo PNRR Transizione, a pochi giorni dalla scadenza del 31 dicembre, ha lasciato senza copertura circa 3 miliardi di euro di investimenti pianificati. Si tratta di progetti già avviati dalle imprese, che avevano superato mesi di ritardi nella fornitura dei macchinari, difficoltà di accesso al credito e complessità burocratiche.
Secondo Unionplast, questa frenata compromette il rinnovamento tecnologico della filiera nazionale della plastica — dalla trasformazione al riciclo — aggravando il divario con i Paesi che hanno sostenuto in modo stabile il rilancio dei propri impianti.
“Un mosaico di norme che danneggia l’industria italiana”
“L’Europa assomiglia sempre più a un mosaico di interventi nazionali introdotti in modo autonomo, con effetti cumulativi che rischiano di erodere la competitività della filiera italiana delle materie plastiche e, più in generale, la coesione industriale dell’Unione”.
Così Centonze conclude il suo intervento, rilanciando la richiesta di un quadro europeo più armonizzato e di misure nazionali più rapide e stabili.

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