Attualità

Economia circolare del packaging

Applicare i principi dell'economia circolare all'imballaggio multistrato multimateriale non è semplice. Tuttavia nella filiera del packaging sono tante le aziende che si muovono verso questo obiettivo. Di seguito un esempio interessante, in particolare per il coinvolgimento di diversi portatori di interesse.

Sono diverse le ricerche che negli ultimi anni hanno confermato la costante crescita nell’uso delle materie plastiche, in particolare nell’imballaggio. Questa crescita quando si parla del packaging è dovuta primariamente ai vantaggi che gli imballaggi in plastica conferiscono alla conservazione del cibo in confronto ad altre soluzioni, soprattutto in termini di tempi di conservazione più lunghi e protezione maggiore da contaminazioni e condizioni che potrebbero altrimenti alterare le caratteristiche del prodotto. A questo si aggiunge la notevole versatilità del materiale nel comunicare il marchio di un prodotto al consumatore.
Una delle più recenti e dettagliate ricerche degli ultimi anni sulle materie plastiche, in tema di economia circolare, è quella realizzata da The Ellen MacArthur Foundation, in collaborazione con il Forum Economico Mondiale e con il supporto di McKinsey & Company. I risultati, pubblicati nel 2016, mostrano sostanzialmente che la produzione di materie plastiche è aumentata di venti volte negli ultimi 50 anni, passando da 15 milioni di tonnellate nel 1964 a 311 milioni di tonnellate nel 2014. In questo quadro generale sono emersi anche i passi avanti che sono stati fatti e che proseguono nel riciclo. Nonostante questo, per quanto riguarda il packaging, solo il 14% degli imballaggi viene raccolto, evidenziando come parte di quanto non recuperato finisca disperso nell’ambiente. Tanto che lo studio ha stimato ad oggi in circa 150 milioni di tonnellate la plastica dispersa negli oceani. Se si prosegue secondo il modello del business-as-usual si arriverà ad avere nei nostri oceani, in termini di peso, più plastica che pesce ora del 2050.
Questo studio è stato sostenuto e riconosciuto anche da numerose aziende in prima linea nella produzione di plastiche o imballaggi in plastica e ha messo in luce tutto ciò che le aziende, gli enti amministrativi e gruppi di cittadini hanno messo in campo per rallentare e porre fine a questo business-as-usual. Le soluzioni per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in plastica non mancano infatti. Tanto che lo scenario passato in cui questa crescita rapida nell’impiego degli imballaggi in plastica non si rifletteva in una corrispondente crescita del loro riciclo, sta ora pian piano cambiando. La problematica del riciclo degli imballaggi è nota in particolare per quanto riguarda i poliaccoppiati, soluzioni di imballaggio che decisamente hanno permesso di allungare il periodo di conservazione degli alimenti anche in condizioni non ideali, ma che dal punto di vista del riciclo pongono notevoli difficoltà.

Guardando a sud

Il modello di economia circolare a cui si sta puntando negli ultimi anni, in tutti i settori industriali e per qualsiasi tipologia di prodotto e materiale, è molto impegnativo e richiede anni di progettazione, sperimentazione e implementazione prima che abbia ripercussioni significative a livello mondiale. Le società impegnate su questo fronte sono tante e in tutto il mondo. Alcuni progetti di innovazione di prodotto coinvolgono portatori di interesse distribuiti in varie aree del mondo.
Un esempio arriva dal progetto The Virtuous Circle, avviato nel 2016 e ufficialmente concluso nel 2017, che si fonda su tre pilastri che sono stati anche gli obiettivi veri e propri che si volevano raggiungere. I tre pilastri sono:
– fornire i ragazzi delle scuole in Sud Africa con pasti contenuti in buste multistrato, così da garantire loro almeno un pasto a inizio giornata altamente nutritivo e riducendo lo spreco di cibo;
– riciclare i materiali delle buste multistrato per la produzione di banchi di scuola completi di seduta, grazie a una tecnologia innovativa che riesce a recuperare il materiale di questo imballaggio e i materiali di buona qualità di altri prodotti a fine vita;
– educare gli scolari riguardo l’importanza del riciclo e fornire alle comunità locali gli strumenti e il know-how per portare avanti nella vita di tutti i giorni questo approccio sostenibile.
I partner coinvolti nel coordinamento di questo progetto pilota sono DuPont, Amcor, FutureLife Foundation, Wastebuster, la ONG Wildlands, il business sociale a conduzione familiare RWPA (Rural Waste Poverty Alleviation). Ai coordinatori si sono aggiunti una lunga serie di partner che hanno contribuito a una o più fasi del progetto.
Il progetto intendeva prima di tutto risolvere una problematica sociale, riducendo gli sprechi alimentari, fornendo agli scolari almeno un pasto al giorno nutritivo e fornendo banchi e sedie (ne mancano in tutto il Sud Africa quasi 3 milioni).
DuPont ha distribuito nelle scuole un milione di buste contenenti il pasto. L’imballaggio era costituito da più strati di plastica che hanno permesso di proteggere il cibo da umidità e di allungarne i tempi di conservazione, mentre la flessibilità e robustezza della busta hanno facilitato il trasporto, potendo così fornire anche maggiori quantitativi. Queste buste appartengono alla categoria di riciclo 7, ovvero quella che comprende i multimateriali, che di solito finiscono in discarica. Una volta consumato il cibo, le buste venivano invece poste nel contenitore corrispondente dagli scolari e raccolte dalla ONG Wildlands.
L’azienda sociale a conduzione familiare RWPA dopo due anni di ricerca su come riciclare gli imballaggi multistrato multimateriale ha brevettato una tecnologia che senza uso di acqua, poiché scarseggia in Paesi come il Sud Africa, trasforma gli imballaggi in materiali per edilizia. Nel caso di questo progetto, una volta recuperate le buste, si passa alla riduzione in pellet che vengono estrusi sotto forma di piccole tavole assieme ad altri materiali riciclati, come ad esempio HDPE. Queste tavole vengono poi lavorate e assemblate in un pezzo unico a formare i banchi di scuola completi di seduta con schienale. L’importanza di questo progetto non è solo l’aspetto della nutrizione dunque, ma anche quello di un migliore rendimento scolastico. Si è stimato infatti che la presenza di un proprio banco di scuola aumenta del 20% la resa scolastica.

Materiali e progettazione

La resina vergine per le buste è stata fornita da DuPont, come anche gli additivi compatibilizzanti utilizzati per il riciclo delle buste e gli agenti di accoppiamento utilizzati per la produzione dei banchi e delle tavole per edilizia ottenute recuperando questi e altri imballaggi multimateriale.
Amcor è il trasformatore che si è occupato di produrre il film multistrato e la busta, mostrando come sia possibile progettare imballaggi che ottimizzano lo spazio per il trasporto e assicurano un lungo periodo di conservazione del cibo anche in mancanza di sistemi di refrigerazione. Per quanto riguarda la fase di produzione, Amcor ha potuto ottenere un imballaggio sigillabile in tempi rapidi, che riduce le perdite e che permette di utilizzare metodi di sterilizzazione efficienti in termini di consumi di energia.
Affinché il cibo messo a punto per questo tipo di pasti da Futurelife Foundation, denominato Smart food, potesse mantenere le sue caratteristiche e durare a lungo, la busta è stata progettata a due compartimenti divisi da un sigillo interno frangibile, così che gli ingredienti potessero essere conservati nelle condizioni migliori. Al momento del consumo era sufficiente schiacciare la busta e il sigillo interno scoppiava permettendo agli ingredienti dei due compartimenti di mescolarsi. Il tutto senza andare ad intaccare la chiusura esterna. Un compartimento conteneva infatti l’acqua sterilizzata, che una volta schiacciata la busta andava a mescolarsi agli ingredienti in polvere. Il consumo del pasto poteva avvenire anche direttamente dall’imballo.
Imballaggi come questa busta hanno dunque bisogno di due tipi di sigilli, uno permanente o con sigillo richiudibile e uno frangibile. DuPont ha fornito la resina Surlyn sia per la parte frangibile sia per quella permanente. Con un solo strato di questo materiale è possibile assicurare entrambe le versioni sigillanti, mediante il controllo delle temperature di saldatura.

Riciclo

Gli imballaggi per alimenti devono dunque rispettare diversi requisiti a seconda del tipo di cibo che si deve conservare. A titolo di esempio, cereali e cibi salati e snack si degradano se esposti all’umidità, oppure carne, pesce e qualsiasi altro cibo con alto contenuto di grassi vanno a male in tempi rapidi quando in contatto con l’ossigeno, mentre altri prodotti freschi di uso comune come il latte reagiscono negativamente alla luce. La maggior parte degli alimenti reagisce a una combinazione di questi elementi.
Le materie plastiche permettono di controllare tutti questi fenomeni e ognuna di esse ha delle proprietà uniche e diversa resistenza, per cui alcune sono efficaci come barriera all’ossigeno, mentre altre evitano all’alimento di entrare in contatto con umidità o luce.
Ne consegue che tradizionalmente nella progettazione degli imballaggi flessibili si adottano soluzioni multimateriali in cui ogni strato risponde a uno o più diversi requisiti. I cosiddetti film barriera, per esempio, possono essere costituiti da 3 a 9 strati di diverse plastiche. In alcuni casi si raggiungono anche i 13 strati, anche se naturalmente ognuno non più spesso di una frazione di un nostro capello. Ogni strato ha la propria funzione di resistenza all’aria, all’umidità, alla rottura e così via. In queste combinazioni alcuni strati possono avere semplice funzione adesiva tra altri strati di materiali altrimenti incompatibili tra loro. Infine si arriva allo strato esterno che ha funzione sigillante, impermeabile all’aria e resistente a perdite.
È chiaro che un imballaggio progettato in questo modo, seppure abbia una altissima e utilissima valenza per la conservazione del cibo, presenta però dei problemi apparentemente quasi insormontabili in termini di recupero e riciclo. Ogni strato ha caratteristiche diverse e ogni componente si fonde a temperature diverse. Questo impedisce alle plastiche di mescolarsi insieme, in maniera simile a come capita all’olio e all’acqua.
Sono stati dunque messi a punto degli additivi, detti compatibilizzanti, che si utilizzano nel processo di riciclaggio di questi multimateriali. Allo stesso tempo la filiera del packaging si sta muovendo verso l’obiettivo della massima riduzione possibile del quantitativo di materiale, riducendo sempre più gli spessori e il peso, e nella riduzione delle tipologie di plastiche utilizzate in un singolo imballaggio, pur senza intaccare la funzionalità dell’imballaggio.
La seconda questione è che poiché nel caso dei multimateriali non è possibile riutilizzare il riciclato per la stessa applicazione, ovvero come imballaggio destinato agli alimenti, è auspicabile avere un riciclato che permetta comunque di avere una nuova destinazione d’uso di qualità buona.
Il progetto The Virtuous Circle ha risposto a tutte queste problematiche prima di tutto con la progettazione di una busta multistrato multimateriale che consiste per il 20% di PET e per l’80% di plastiche a base polietilene.
RWPA ancor prima di questo progetto aveva già trovato una soluzione in cui si combinavano imballaggi di questo tipo con altre poliolefine riciclate, ottenendo una materia prima riciclata utilizzabile per altre applicazioni. Tuttavia, le poliolefine riciclate hanno lo svantaggio di avere un costo elevato. Qui entrano allora in gioco gli additivi compatibilizzanti che permettono di miscelare i diversi materiali delle buste in materiale riciclato di lunga durata, senza bisogno di utilizzare anche le poliolefine.
Grazie ai compatibilizzanti si ottiene una miscela polimerica più omogenea che può essere lavorata sulle tradizionali macchine per estrusione film o lastra. Questo blend polimerico risulta avere proprietà come resistenza alla pressione e alla trazione, flessibilità, robustezza e rigidezza equivalenti o superiori alle prestazioni che i materiali di cui è composto avrebbero singolarmente.
Aggiungendo a questo riciclato della segatura proveniente dall’industria del legno, la società RWPA è stata in grado di produrre anche tavole e assi per l’edilizia di basso costo. I compatibilizzanti sono stati essenziali per poter ottenere una resina riciclata di alta qualità, in grado di rispettare i requisiti di resistenza richiesti dal codice per l’edilizia vigente in Sud Africa per le piccole abitazioni. In questo caso, tra l’altro, il prodotto edile che si ottiene può essere riciclato più volte per la stessa applicazione, senza perdere alcuna delle sue proprietà.
Il progetto pilota The Virtuous Circle si è dunque dimostrato un buon esempio di upcycling o di vera economia circolare.